Sai cos’è l’anatocismo? Questa parola un po’ difficile e fuori dall’uso comune potrebbe riguardarti invece molto da vicino. Conoscerla potrebbe significare per te che la tua banca ti deve molti più slodi di quanti – probabilmente – tu credi di dovergliene. Ma partiamo dall’inzio.
Il calcolo dell’interesse composto e l’anatocismo: un esempio
Tutti abbiamo un conto in banca, e quasi tutti abbiamo dovuto chiedere dei prestiti per finanziare le nostre attività o ad esempio per acquistare una casa. E tutti ci siamo trovati a pagare degli interessi sui capitali prestati. Forse però non sai che le banche, soprattutto negli anni passati, hanno utilizzato due sistemi diversi per calcolare gli interessi a loro vantaggio e quelli a vantaggio tuo.
A tuo credito, infatti, la banca applica l’interesse su base semplice: per fare un esempio puramente ipotetico, su un capitale di 1000 euro con un tasso fisso annuo del 10%. Se gli interessi ti vengono accreditati su base trimestrale, ogni tre mesi ti verranno accreditati 25 euro, calcolati sempre sui 1000 iniziali. A fine anno, il nostro capitale è di 1100 euro.
Quando però la banca calcola gli interessi a tuo debito, spesso utilizza ancora un metodo differente che è detto calcolo del debito composto.
Che cosa si intende con questo termine? Se ottieni un prestito di 1000 con un tasso del 10% annuo, addebitato su base trimestrale, allo scadere del primo trimestre ti verranno addebitati 25 euro, calcolati sui 1000 euro iniziali. Al secondo trimestre, però, non pagherai 25 euro, bensì 25,625, perché, grazie al calcolo dell’interesse composto, gli interessi saranno calcolati non più sui 1000 euro, ma su 1025, cioè sul capitale iniziale più gli interessi del primo trimestre. Così, il terzo trimestre pagherai 26,265625 euro, calcolati su 1060,625 (cioè i 1000 euro più gli interessi del primo e del secondo trimestre) e così via.
In parole povere, la banca ci ha fatto pagare gli interessi sugli interessi. Questa pratica è detta anatocismo, dal greco anà – di nuovo, e tokòs – interesse.
Il divieto e la prassi comune
Malgrado sia vietato dall’articolo 1283 del codice civile, che risale al 1942, l’anatocismo è stato prassi comune per le banche nei confronti dei propri clienti, grazie anche alla giurisprudenza che fino a una quindicina di anni fa ha favorito interpretazioni che avvallavano questa pratica. Dopo un lungo processo di revisione della normativa, però, nel 2004 una sentenza della Cassazione (la n. 210959) ha ristabilito in via definitiva il divieto, che è retroattivo e indipendente dalle clausole che il cliente ha firmato (http://it.wikipedia.org/wiki/
Cosa si può fare: chiedere il rimborso
Cosa significa tutto questo? Significa innanzitutto che devi fare molta attenzione alle condizioni che ci vengono proposte quando ci viene concesso un credito (lo so, avviene sempre più raramente). Ma significa anche che nel corso degli anni potresti aver pagato molti più interessi di quanto legittimamente la banca avrebbe potuto chiederti e che puoi chiederne il rimborso.
Proprio lo scorso 21 gennaio, il sito di Federcontribuenti ha annunciato il caso di un imprenditore della provincia di Padova che ha scoperto di aver diritto a un rimborso di ben 540 mila euro da parte di una banca che gliene chiedeva 29mila per chiudere il conto: da debitore, si è scoperto creditore.
Il 14 febbraio, il sito del Codacons ha annunciato la vittoria di due cause contro CARISBO per calcolo di interesse anatocistico e commissioni di massimo scoperto, aggiungendo un’altra sentenza alla giurisprudenza a sfavore di questa pratica.
Se pensi dunque di poter essere stato soggetto a interessi anatocistici, puoi rivolgerti a un commercialista o a un avvocato competenti in questa materia, oppure allo stesso Codacons, che nel link citato più sopra fornisce un numero verde per una valutazione gratuita.
Anche in questo caso, la conoscenza è l’arma più potente: occhi bene aperti e leggi sempre le condizioni prima di firmare: non è mai tempo sprecato!